L’attesa era tanta.
La sentenza di condanna per Silvio Berlusconi era nell’aria.
Alla fine è arrivata.
Sei ore di camera di consiglio per sette anni di reclusione. Più l’interdizione dai pubblici uffici.
Per qualche ora/giorno la politica si incardinerà sui consueti binari che percorre da almeno vent’anni.
Tutti a commentare (pro o contro) la sentenza, l’indipendenza della Magistratura, la figura di Silvio Berlusconi.
A lanciare proclami con uno spirito fazioso e poco propenso al dialogo, senza distinguere tra comportamenti personali e atteggiamenti incompatibili con l’essere una persona delle Istituzioni e della politica.
Immagino già i talk show in prima serata, con gli ospiti equamente divisi tra i due schieramenti.
E le centinaia di commenti sui social media
Insomma di nuovo il tifo da stadio, da curva, da ultras.
Discutere del problema (innegabile) del conflitto di poteri tra Magistratura e Politica diventa difficile se non impossibile. Anzi il solo parlarne determina l’etichetattura “berlusconiano” o, al contrario, “antiberlusconiano”.
A me, questo spettacolo già visto, piace sempre meno.
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