Negli anni abbiamo perso per strada il vero significato del “fare politica”, dell’impegnarsi al servizio di una passione, di un sistema di valori, di proposte concrete per migliorare la società in cui viviamo.
Negli anni abbiamo anche assistito all’affermarsi dell’idea che la ricerca del consenso passi esclusivamente attraverso compromessi al ribasso e che quindi certi temi, certe battaglie non possono e non devono essere portate avanti perché minoritarie o divisive.
Togliendo respiro alla politica e dando l’impressione che questa sia ormai una pura e semplice lotta per il potere, per occupare poltrone, o, peggio, per ruberie, corruzione e meschinità varie.
E il vento dell’antipolitica soffia ovunque in Europa.
Poi però ci sono persone, come Marco Pannella, che con la loro vita dimostrano che non è così.
Che su certi temi, anche scomodi, ci si può impegnare ed aggregare consenso partendo da posizioni minoritarie e “radicali” (mai oltranziste).
Che si può fare politica anche non occupando posizioni di potere.
Le sue battaglie per ampliare il campo dei diritti civili hanno reso questo paese migliore.
Non solo quelle vinte (divorzio, aborto o per l’istituzione del Tribunale internazionale per i crimini commessi durante la guerra civile nella ex Jugoslavia) ma anche quelle perse o ancora da vincere.
Contro le leggi “liberticide” approvate durante il sequestro Moro per combattere il terrorismo, le azioni promosse contro la fame nel mondo, contro la pena di morte, quelle per una “giustizia giusta” facendo eleggere Enzo Tortora in Parlamento, quelle per il diritto di rifiutare l’accanimento terapeutico, quelle per la salvaguardia dei diritti dei detenuti, per la depenalizzazione delle droghe leggere.
E’ stato il primo, e per anni l’unico, leader politico a sostenere le istanze del movimento omosessuale.
Un precursore illuminato.
Se Piazza San Giovanni ha rappresentato per anni lo scenario delle grandi adunate della sinistra e dei sindacati, Piazza Navona rappresenta il luogo delle manifestazioni per i diritti civili.
E’ stato un pungolo costante alla realpolitik e ai partiti. Che spesso si traduce in una politica senz’anima.
Pannella Giacinto, detto Marco (come si leggeva nelle liste elettorali) con la sua vita ha dimostrato che la politica è lo strumento più alto a disposizione per determinare il nostro cammino.
PS.
Non ho mai votato radicale.
Perché sono figlio della realpolitik.
Da quando avevo 20 anni ho smesso di essere iscritto a partiti politici.
Con l’unica eccezione del Partito Radicale (per qualche anno) e dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino”, nata per l’abolizione della pena di morte nel mondo, di cui sono ancora sostenitore.
Un obiettivo talmente ambizioso da essere quasi un sogno irrealizzabile.
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