Sporco Lobbista – Il blog di Fabio Bistoncini

Pubblicato da il 25/11/2011 & archiviato in Lobbying

Lobby a Zuccotti Park: il piano per annientare Occupy

A Washington, uno dei gruppi più forti di lobbying nell’entourage repubblicano propone di abbattere il movimento di Occupy grazie a un piano studiato appositamente per la Abi americana. 850mila dollari per distruggere reputazione di leader indignati e loro finanziatori. Ma le banche ancora non hanno risposto.

Mai come in questi giorni il legame tra lobbisti e banche è così attuale: non bastano le denunce italiane sul neo-premier Monti (vale su tutti il commento di Scilipoti in questo video, su Mario “lobbista delle banche”), ora anche la protesta-madre americana contro l’1% del mondo, quella di Occupy Wall Street, diventa oggetto di consulenze e di affari per i professionisti del lobbying. Che studiano ormai da mesi – dall’inizio della protesta dunque – le mosse degli indignati ed escono ora allo scoperto proponendo ai loro clienti (molti dei quali, ovviamente, fanno parte di quell’1% contestato) una strategia articolata per rispondere alle critiche dei ragazzi in piazza. “Le lobby sì che prendono sul serio Occupy Wall Street”, titolava qualche giorno fa il corsivo di L’Inkiesta. E in effetti, una reazione che andasse oltre il crisis management era attesa da tempo. Strategicamente, il ragionamento è fin troppo semplice: se gli indignati attaccano il sistema delle multinazionali e la finanziarizzazione dell’economia, quest’ultima dovrà ovviamente reagire, anche in sede parlamentare.

Ecco come, secondo i guru del lobbying di Washington vicini ai repubblicani: intanto preparandosi. Ovvero: costruendo una narrazione in negativo del fenomeno Occupy Wall Street, scoprendo i punti deboli delle loro argomentazioni, del loro passato, delle forze politiche e degli opinion leader che li appoggiano. Per poi passare a un piano d’azione articolato, del valore di 850mila dollari, svelato da Msnbc, testata che è entrata in possesso anche del documento ufficiale di offerta stilato dalla società di lobbying per i suoi clienti e in particolare per quello più direttamente interessato, la ABA, American Bankers Association, ovverola Abi americana.

La società di lobbying americana che ha redatto il documento indirizzato all’associazione delle banche Usa è la Clark Lytle Geduldig & Cranford: 100 anni di storia, 16 Congressi americani presenziati e 7 amministrazioni, clienti del calibro di Deloitte o Ernst&Young tra i revisori, ma anche Mastercard e, appunto, la ABA, molti consulenti e interni simpatizzanti per il partito Repubblicano (alcuni tra loro, tra cui i firmatari della proposta anti-Occupy, con un passato a libro paga dei Repubblicani stessi).

Un pezzo da novanta del settore, che argomenta così, nel documento ufficiale, per convincere le banche a sottoscrivere la sua proposta:

“Molti strateghi del partito Democratico hanno iniziato a discutere dei benefici dell’appoggiare il movimento Occupy Wall Street prevenendo così l’ingresso dei Repubblicani alla Casa Bianca il prossimo anno. […] Non sarebbe anzi una sorpresa se il team per la ri-elezione di Obama o il Partito Democratico decidessero di fare una campagna anti-Wall Street in questo frangente. Oltretutto anche gli stessi Repubblicani potrebbero presto decidere di non appoggiare più le aziende di Wall Street […]”.

Osteggiati da Obama, che cavalcherebbe OWS per tentare un secondo mandato alle presidenziali, ma anche dai Repubblicani, che iniziano a leggere l’appoggio all’1% come una condanna nei confronti dell’adesione del loro elettorato, per non parlare dello sgomento e della rabbia del Tea Party e della destra e della sinistra più radicali, i bancari d’America sembrano senza scelta: devono agire, non con in mano uno spray al peperoncino. Ecco in loro aiuto la strategia e un piano di lobbying ben preciso.

Per 60 giorni di lavoro, e spendendo per cominciare 850mila dollari, la Clark Lytle Geduldig & Cranford lo ha pensato così per la ABA: una prima parte di ricerca e interviste a circa un migliaio di elettori in diversi stati, per tastare luogo per luogo la ricezione dei messaggi del movimento. Una seconda sezione, di ricerca sulle opposizioni, ovvero una analisi sulle motivazioni che portano gli occupanti a osteggiare le grandi potenze finanziarie. Scrivono i consulenti: “[…] Se possiamo dimostrare che chi finanzia le opposizioni di Occupy ha le stesse motivazioni ciniche di un politico all’opposizione, potremo minarne la credibilità in modo molto profondo […]”. In questa parte di lavoro, quella in assoluto più corposa e importante, la società esterna si occuperà di tracciare profili dettagliati di occupanti, loro finanziatori, storia e debolezze dei loro leader, andando a scovare aneddoti per costruire una narrazione negativa del movimento, partendo da alcuni episodi reali. Per farlo, si andrà a pescare ovunque: dalla fedina penale degli occupanti, all’evasione delle tasse da parte loro, fino a eventuali disastri professionali, società fallite, cause in corso.

Una terza sezione del piano prevede un monitoraggio dei social network utilizzati dal movimento per raccogliere adepti e informare: secondo la CLGDC, grazie alla trasparenza di queste piattaforme web, e incrociando dati analitici con analisi qualitative, sarà possibile andare a intuire quali mosse Occupy sta per mettere in atto, anticipandone le strategie.

Il penultimo punto del progetto riguarda lo sforzo di lobbying più intenso: si dovrà creare una base di opinion leader alleati, per farsi aiutare a dimostrare che le banche hanno ancora una forza politica e metterle nel mirino potrebbe portare a costi politici molto alti. Infine, ci potrà essere un investimento anche pubblicitario per contro-informare e raccogliere consenso intorno al cliente, a seconda di quanto verrà raccolto nella parte di ricerca di questo piano.

La tattica per sgonfiare la forza di Occupy, come scrive anche Forbes, somiglia molto a quella dello scorso inverno che la società HBGary propose per screditare i finanziatori di Wikileaks. Al momento però, da parte dei bancari nessuna risposta, in quella che è diventata la contrattazione più chiacchierata del momento. Così ripresa ad arte da tutti i media del mondo che, viene da pensare, il primo passo da parte della CLGDC sia stato proprio quello di far avere in mano a un giornalista il memo spedito alla associazione delle banche statunitensi.

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