Non più solo piccole donazioni attraverso siti stile Kickstarter, ma la possibilità di investire piccoli capitali nelle startup più promettenti, aggirando le rigide norme della Sec che ancora profumano del post crisi del ’29. L’America vota il Jobs Act (Jumpstart Our Business Startups) per incentivare la piccola imprenditorialità e la libera circolazione dei piccoli capitali, fortemente voluto da Obama, ma che è diventata norma bipartisan, supportata anche da gruppi di pressione emergenti, attori, personaggi influenti dell’internet.
Lo scorso 10 febbraio è stato un giorno epocale per il crowdfunding mondiale: Tim Schafer, il creatore di giochi “vecchio stile” di casa LucasArts, in sole 8 ore è riuscito a raccogliere 400mila dollari per sviluppare Double Fine Adventure, un videogame che nessuno dei grandi produttori voleva finanziargli. L’impresa è riuscita invece sul sito Kickstarter, il più noto e frequentato portale per il crowdfunding, dove i singoli cittadini possono donare una piccola somma per aiutare un progetto sulla rampa di lancio a prendere vita. E Schafer, il papà di successi intramontabili come “Monkey Island”, non poteva chiedere di meglio: non solo ha raggiunto il suo obiettivo in poche ore, ma a fine giornata aveva raccolto 1 milione di dollari e negli ultimi giorni è arrivato addirittura a metterne insieme 3,3. Quello di Double Fine Adventure è un tipico caso di successo immediato, prorompente e dal basso: certo non tutti i progetti presentati attraverso i siti di crowdfunding arrivano a tanto, ma testimonia come il sistema di libere donazioni online sia diventato uno dei canali più semplici, per chi ha un’idea e vorrebbe svilupparla, per raccogliere i primi capitali. Lo dimostra anche un successo italiano come Eppela, il sito nato da pochi mesi che è già riuscito ad aiutare diversi progetti nostrani (artistici soprattutto) a prendere forma.
Proprio riconoscendo il potere di raccolta via web del capitale nella fase di startup, e per dare nuova linfa al mercato del lavoro stimolando l’imprenditorialità, da diversi mesi negli Stati Uniti l’amministrazione Obama ha iniziato a studiare una proposta di legge per aiutare e semplificare l’accesso ai capitali da parte delle nuove aziende americane. È il Jobs Act (Jumpstart Our Business Startups), che mira a rendere possibile l’investimento dal basso rivedendo una procedura ancora regolata da una norma della Sec, Security Exchange Commission, che non permette a nessuno di fare l’investitore, soprattutto per alte somme, a meno che esso non si registri presso la stessa Sec pagando anche fino a 100mila dollari in permessi. Questa norma è in vigore dagli anni Trenta, proposta dopo la grande crisi del ’29 e oggi più che mai bisognosa di una rispolverata. Un modello improponibile per chi, invece che risultare un singolo e piccolo donatore di una mancia di pochi euro, vorrebbe partecipare all’impresa in qualità di piccolo investitore.
Quel che forse l’amministrazione Obama e le persone dietro ai siti più noti in campo di crowdfunding come lo stesso Kickstarter o IndieGoGo non immaginavano, è che in poco tempo questa proposta sarebbe stata accolta da entrambe gli schieramenti politici, rielaborata con mille modifiche da senatori repubblicani e democratici, fino ad arrivare al “miglior compromesso possibile”, quello che potrebbe presto passare al Senato americano e diventare ufficialmente il Jobs Act. D’altronde, come fa notare il senatore repubblicano Scott Brown, “In America puoi giocare tutti i tuoi soldi al casinò e fare beneficenza a un numero imprecisato di onlus di tutto il mondo, ma è quasi impossibile investire attivamente 1 dollaro nel business di qualcun altro in fase di lancio”. Eppure, grandi progetti online (si pensi all’anti-Facebook Diaspora) o grandi campagne elettorali (quella che ha eletto Obama alle scorse presidenziali) hanno avuto successo proprio grazie a forme libere di sovvenzioni in puro crowdfunding. Non a caso, da diverso tempo vi sono anche diversi gruppi di pressione e influenti a spingere per la nuova legge: tra tutti il blog Boing Boing, cui va la paternità dell’idea già nel lontano 2009, un gruppo di avvocati di Oakland, California, l’attrice Whoopi Goldberg, e ancora diversi gruppi di imprenditori come Startup Exemption. Non a caso, sostiene per esempio TechPresident, questa legge porta alla ribalta nuove realtà del lobbying: quelle che lavorano per i “piccoli” in fase di lancio.
Eccoli i particolari del nuovo Crowdfunding Act (chiamato ufficialmente Jobs Act):
– chi guadagna fino a 100mila dollari l’anno può investire fino a 2mila dollari o il 5% delle sue entrate in startup, chi guadagna oltre i 100mila può investire il 10%
– queste operazioni hanno un limite massimo di 1 milione di dollari di investimenti totali per il nuovo progetto e vanno regolate attraverso un sito stile Kickstarter
– per chi non raggiunge l’obiettivo di raccolta in tempo, vale la regola odierna: la società non decolla e i capitali raccolti vengono restituiti
– un ruolo importante spetterà ai siti di crowdfunding, che dovranno controllare, raccogliere i business plan, verificare che i capitali ricevuti vengano utilizzati effettivamente per sviluppare l’idea vincente. Spetterà a loro comunicare con la Sec, svolgendo un ruolo di responsabilità maggiore rispetto a quel che accade oggi in tutto il mondo
– anche la Consob americana dovrà controllare per un anno il settore e fornire al Senato un rapporto dopo i primi 12 mesi, ragione per cui, peraltro, la stessa Sec sta frenando sulla nuova legge.
Tra i migliori siti per seguirne lo sviluppo, c’è proprio il blog di chi per primo portò sulla stampa e all’opinione pubblica la proposta di cambiare i termini delle norme Sec: si chiama Change Crowdfunding Law ed è frutto del lavoro di Paul Spinrad, direttore di giornale ed ex redattore di Wired. Fu lui nel2009 a lanciare attraverso BoingBoing la proposta. E gli altri arrivarono a ruota: dal messaggio di Whoopi Goldberg sulla sua pagina Facebook fino all’impegno di Obama. Oggi, 20 marzo, è prevista la votazione al Senato.
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