Nonostante il titolo non propriamente imparziale che la Padania dedica alle vicende giudiziarie che coinvolgono il tesoriere della Lega Francesco Belsito, l’impressione è che le inchieste provocheranno, indipendentemente dal loro esito, un’accelerazione del processo di rinnovamento dei vertici del partito.
I tempi sono incerti, dal momento che siamo già in campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative e, quindi, è difficile ipotizzare un ricambio in corsa. A meno che le procure che stanno investigando sull’utilizzo dei fondi della Lega rivelino, nei prossimi giorni, una piena corresponsabilità di Umberto Bossi e di altri esponenti di primo piano.
Ma i nodi delle divisioni interne e di una gestione non condivisa delle risorse politiche e materiali stanno venendo al pettine.
Molti sondaggi accreditano alla Lega ancora un discreto pacchetto di voti (poco oltre il 10%). In vari comuni del nord i candidati legisti hanno la possibilità di essere confermati come sindaci.
Ma i militanti e la base elettorale assistono, da mesi, ad uno scontro politico interno senza esclusioni di colpi tra i c.d. “maroniani” e l’ormai famoso “cerchio magico” (Marco Reguzzoni, Federico Bricolo, Rosi Mauro, Renzo Bossi).
Il malcontento sale. E la Lega comincia ad essere un “prodotto” politico che ha raggiunto la sua “maturità”, dal momento che è nata nel 1982, e cioè trenta anni fa.
Un cambiamento è ormai ineludibile. E le inchieste non faranno altro che spingere in questo senso.
Non è un caso che proprio ieri, “a caldo”, i primi due autorevoli esponenti leghisti a chiedere un profondo cambiamento nel partito siano stati Roberto Maroni (il più accreditato alla successione) e Flavio Tosi, candidato sindaco a Verona, da sempre critico nei conformi dell’attuale gestione.
Una nuova leadership si sta delineando. I tempi sono ristretti. A primavera 2013 ci saranno le elezioni politiche nazionali ed è molto improbabile che il partito leghista possa presentarsi a questo appuntamento con i vertici del partito immutati.
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