Premessa doverosa: di ippica non so quasi nulla. Se non che è un insieme di discipline sportive dove ci sono fantini e cavalli, appunto.
Quando ho ricevuto l’invito, da parte di un mio ciente, ad assistere al “British Champions Day” al mitico ippodromo di Ascot, ho subito accettato con l’entusiasmo del neofita.
E quindi, in compagnia della controparte, ho organizzato un week londinese, imperniato sul sabato, data dell’evento.
Le prime difficoltà riguardavano il dress code.
La controparte se l’è cavata con un outfit sportivo ma elegante. Per gli uomini era invece richiesta la giacca e cravatta.
Rischiare uno spezzato sportivo? Azzardare abbinamenti casual?
Alla fine, codardo come sono, ho optato per l’abito “da lavoro” che mi infonde maggiore sicurezza: 3 bottoni classico, grigio fumo di Londra, camicia bianca.
Ad Ascot si arriva in treno. E’ il mezzo di trasporto più facile e più utilizzato.
Lo affollano centinaia di persone vestite nel modo più variegato possibile, alcune delle quali cominciano a “brindare” con lo champagne alle 11 del mattino. Proprio così: si portano da casa bicchieri e bottiglie, lo stappano e bevono in treno.
Molti altri, invece, optano per la più classica birra.
E’ ovvio dunque che, passati alcuni minuti dalla partenza, l’atmosfera è molto rilassata…
Dopo meno di un’ora si arriva all’ippodromo.
Che in realtà non è solo un ippodromo ma un vero e proprio “villaggio”.
Dove anche i più piccoli possono trovare delle occasioni ludiche.
Noi eravamo ospitati in una tribuna accanto a quella della Regina.
Elegantissima come sempre (NB: la foto non è mia, ovviamente).
Ogni mezz’ora – quaranta minuti una corsa diversa, con la possibilità quindi di scommettere fino all’ultimo istante.
Quello che mi ha più colpito è l’atmosfera molto molto “british”.
Un mix tra eleganza ed informalità che non possiamo immaginare.
Ad esempio pic nic organizzati sulle tribune, ordinatissime file per comprare salsiccie e birra, esperti di ippica in grado di dirti nell’ordine:
– il nome del cavallo ( fin qui posso arrivarci anche io), l’albero genealogico (pare importantissimo), la scuderia di appartenenza, il suo allenatore, il suo track record degli ultimi anni, la capacità di adattamento all’ippodromo, il fantino, le sue capacità tecniche e le sue vittorie.
Non esagero. Una vera e propria scienza.
Altrimenti, come ci diceva un altro ospite, è meglio giocarsi i numeri al lotto.
Detto questo è stata una giornata bellissima.
Ci siamo divertiti come matti.
Anche per questo, la sera al ritorno, Londra sembrava ancora più bella.
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