E’ presto per dire se le ultime ore abbiano stravolto il panorama politico italiano.
E’ certo però che il cambiamento è profondo.
La vittoria schiacciante di Matteo Renzi alle primarie del PD, accompagnata da una buona affluenza alle urne, è il segnale più chiaro della voglia di “voltare pagina” che alberga, da tempo, nel popolo del centro sinistra.
Per usare una terminologia cara al nuovo leader, gli altri due contendenti sono stati “asfaltati”.
Le percentuali sono impressionanti:
68% per il sindaco di Firenze;
18% per Gianni Cuperlo;
14% per Pippo Civati.
Senza storia, dunque, si chiude il confronto interno democratico.
Ora, per il nuovo gruppo dirigente, si apre la battaglia più dura: incidere profondamente sull’agenda del Governo Letta, che, in queste ore, appare più debole.
Mercoledì, nel suo discorso alle Camere per (ri)ottenere la fiducia, Letta dovrà mostrare di stare al passo con le aspettative del suo partito che chiede, con il voto di ieri, una forte discontinuità con l’azione di governo di questi mesi.
Perchè una cosa Renzi non può permettersi: quella di rimanere “incastrato” in lunghe mediazioni.
Ha bisogno di ottenere risultati, anche simbolici, velocemente. I consensi che ha ottenuto gli danno la forza politica; al tempo stesso rappresentano un’enorme responsabilità.
Altro dato politico: il bipolarismo è salvo. Le dichiarazioni di Renzi su questo punto sono state di una chiarezza nette e senza equivoci.
Si può quindi ragionare su una nuova legge elettorale di tipo maggioritario; il mattarellum corretto, il doppio turno alla francese, il modello spagnolo, o una che riprende l’elezione dei sindaci.
Poco importa. L’importante è che si certifichi che questo Paese non può più permettersi larghe intese, maggioranze risicate, accordi sottobanco, compravendita di parlamentari.
Se tutto ciò verrà inserito in un più ampio riassetto istituzionale non è dato ancora sapere.
Ma anche da questo dipende la durata del Governo e, conseguentemente, della legislatura.
Scrivere ed approvare una nuova legge elettorale può richiedere pochi giorni di lavoro. In questo caso il voto nella primavera del 2014 è la soluzione più logica.
Ideare, invece, una riforma costituzionale richiede qualche mese in più. E quindi le elezioni, come auspicato da Palazzo Chigi e dal Quirinale, si svolgerebbero nel 2015.
I prossimi giorni saranno fondamentali. Se il Governo riesce ad ottenere più tempo sarà quindi su un nuovo equilibrio politico, con nuovi rapporti di forza e che, conseguentemente, avranno degli effetti sui suoi Ministri.
Non solo, dunque, una nuova agenda ma anche qualche cambiamento nei Ministeri “chiave”.
Intanto prendiamo atto che i leader dei tre principali partiti (PD, Forza Italia e Movimento 5 Stelle) non siedono in Parlamento. Se contiamo anche la Lega, che ha appena eletto Matteo Salvini, diventano quattro.
Non era mai accaduto nella nostra storia politica e istituzionale.
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