Oggi su L’Espresso c’è un interessante articolo sulla crisi, profonda, che sta attraversando Confindustria.
Al netto dei toni fortemente critici (a volte sarcastici), Stefano Livadiotti spiega nel dettaglio alcuni dei motivi: struttura elefantiaca, creazione di veri e propri feudi, veti incrociati paralizzanti, alto livello di morosità, scarsa presa della decantata riforma Pesenti.
A questi elementi endogeni al sistema confindustriale si aggiungono quelli esogeni, ed in particolare al modus operandi di questo Governo e del suo Presidente del Consiglio: che consiste nel “tagliare” il dialogo con le associazioni di rappresentanza (quindi anche con i sindacati) rivolgendosi direttamente alla platea degli associati (singoli industriali, lavoratori, pensionati).
Non è un caso che, come si osserva acutamente nell’articolo, la riforma del lavoro sia stata fatta senza ascoltare Squinzi o la Camusso…
E’ la disintermedizione: frutto della crisi di rappresentanza e rappresentatività dei corspi sociali intermedi.
Un tema a me caro, perchè apre spazi all’azione diretta da parte degli interessi organizzati presenti nella società.
Senza più passare per le stanze di compensenzione gestite da oligarchie burocratiche che hanno fatto il loro tempo.
Con buona pace di tutti coloro che, soprattutto in passato, ritenevano che l’aquilotto confindustriale da mettere sulla propria carta intestata, fosse lo strumento per risolvere tutti i problemi.
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