Lunedì sono stato invitato a parlare nell’ambito del Online Gambling Briefing Italia, l’evento annuale a porte chiuse organizzato da EGR Magazine, la più importante rivista internazionale del settore.
Alcuni degli organizzatori avevano fatto una ricerca online, avevano chiesto in giro, avevano letto questo blog e quindi avevano deciso che ero la persona giusta a cui assegnare un tema semplice, quasi banale….
Problema d’immagine: cosa si può fare per migliorare l’immagine pubblica del settore del gioco d’azzardo in Italia?
Quando mi è arrivata la richiesta mi è quasi venuto un accidenti.
Ma le sfide mi piacciono.
Ho strutturato quindi il mio intervento in tre parti:
1) esame (rapido) dell’evoluzione normativa italiana. Facendo emergere le caratteristiche di un settore fortemente regolamentato e gestito dallo Stato, come avviene anche in altri contesti europei od internazionali. Ma al tempo stesso sottolineando l’eccezionalità del nostro Paese (di cultura cattolica) che con il “gioco” ha sempre avuto un rapporto ambivalente, quasi da Giano bifronte.: utile per le casse pubbliche ma poco apprezzato dal punto di vista politico.
2) le criticità: sostanzialmente il problema della ludopatia (una vera e propria malattia che consiste nell’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante la consapevolezza che questo comportamento determini possibili conseguenze negative dal punto di vista finanziario o sociale); quello della criminalità, che controlla il gioco illegale, ma i cui effetti negativi si riverberano sull’intero settore; ed infine l’immagine di degrado urbano o sociale che spesso accompagna i luoghi “fisici” dove si gioca e si estende anche ad alcuni comportamenti on line.
3) la strategia di posizionamento del settore per fronteggiare le criticità sopra evidenziate. Il vero problema, a mio avviso, è che i player che gestiscono il gioco in Italia, si sono presentati alle Istituzioni in modo “pulviscolare”. Ognuno con le proprie specificità ed esigenze (legittime) ma non offrendo la visione di vera e propria “industry”. Per fare questo non serve aderire o creare un’associazione (vecchio approccio) , ma creare comportamenti congiunti su alcuni temi o dossier. Significa offrire al dibattito pubblico dati, ricerche, documenti di posizione, una “carta di valori”, politiche di CSR, analisi sugli investimenti in ricerca e sviluppo (che sono ingenti). Tutte attività svolte dalle singole aziende ma non messe a fattor comune. Insomma occorre ideare e definire una policy condivisa. Solo così si potrà avviare una “narrazione” diversa del settore del gioco in Italia e delle sue, ancora inespresse, potenzialità.
Le reazioni?
Molti applausi ma anche qualche sguardo perplesso.
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