Lobbying Italia ha pubblicato la classifica (per fatturato 2015) delle società di lobbying.
Come tutte le classifiche è suscettibile di interpretazioni e possibili correzioni.
Ma comunque lo sforzo, anche in ottica di trasparenza, è senza dubbio meritorio.
Partendo dai dati possiamo fare alcune riflessioni.
Se consideriamo le società analizzate, il fatturato complessivo è di oltre 17 milioni e mezzo di euro.
La metà esatta di quanto ha fatturato, nello stesso periodo, solo la prima società di lobbying americana (Akin, Gump et at) secondo il sito Opensecrets.org.
Se è vero che le due realtà non sono comparabili è anche vero che nel nostro paese mancano ancora molti elementi per definire i contorni del mercato del lobbying.
Come giustamente evidenziato da Lobbying Italia, vi sono almeno tre società (SEC, il gruppo Hdrà e Comin & Partner) che dichiarano esplicitamente di svolgere attività di comunicazione e di lobbying.
Ma lo stesso dicasi per i grandi gruppi di Relazioni Pubbliche e comunicazione (Burson-Marsteller, Shandwick, Barabino & partners e così via).
Una parte del loro fatturato di svariate decine di milioni di euro è, certamente, generato dall’attività di relazione con le istituzioni.
Mancano ancora almeno tre elementi per completare il quadro:
1) le decine (centinaia?) di professionisti che svolgono singolarmente questa attività;
2) i grandi studi legali italiani ed internazionali che, molto spesso, affiancano i clienti nell’interlocuzione con il processo decisionale;
3) le società di consulenza (Mc Kinsey, KPMG, Bain, Boston Consulting, Ernst & Young, ecc. ecc.). Anche queste attive nel nostro settore.
Quindi onore al merito a Lobbying Italia per aver prodotto la classifica.
Sapendo benissimo che, in mancanza di una disciplina che regoli l’attività di lobbying, il quadrò sarà sempre parziale ed incompleto.
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