Ieri il Movimento 5 Stelle è stato protagonista della scena parlamentare europea.
Collezionando una brutta figura politica e mediatica.
Quello che è interessante è ricostruire come ed in che modo ci si è arrivati e, soprattutto, cercare di capire le motivazioni politiche che hanno portato i vertici del Movimento a sollecitare un cambiamento di rotta poi naufragato.
Da questo punto di vista avere un ufficio a Bruxelles è di grande aiuto dal momento che permette di raccogliere informazioni ed indiscrezioni che non arrivano poi alla stampa (soprattutto quella italiana) né tantomeno, per motivi di riservatezza, sui social. Anche nell’era dello streaming…
In questi giorni Luca Gargano, il partner di FB & Associati responsabile del nostro ufficio nella capitale belga, è stato quindi molto impegnato.
E alcune sue considerazioni meritano di essere condivise.
Partiamo dai fatti, dunque.
Domenica 8 gennaio Grillo annuncia l’avvio di una consultazione online per rivedere il posizionamento del Movimento all’interno del Parlamento Europeo; tre le possibili opzioni su cui gli iscritti sono chiamati a votare:
1. Entrare nell’ALDE (opzione fortemente caldeggiata da Grillo);
2. Entrare nel gruppo dei Non Iscritti;
3. Restare nel Gruppo EFDD.
Per facilitare la lettura ricordo che l’ALDE (Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa) è un gruppo del parlamento europeo di orientamento liberale, tendenzialmente centrista e europeista, nato nel 2004. Che ha una piattaforma programmatica su alcuni aspetti molto molto distante da quella del Movimento 5 Stelle.
Mentre il gruppo EFDD è quello minoritario e anti europeista, tra cui spicca l’UKIP di Nigel Farage.
La consultazione viene chiusa alle ore 12 di lunedì 9 gennaio con il seguente risultato:
– partecipano alla votazione 40.654 iscritti certificati;
– il 78,5% dei votanti (pari a 31.914 iscritti) vota per il passaggio all’ALDE;
– 6.444 iscritti votano per la permanenza nell’EFDD;
– 2.296 i voti per confluire nei Non iscritti.
Passa dunque in via plebiscitaria la posizione di Grillo e nel frattempo cominciano a circolare documenti di un accordo, datato 4 gennaio, concluso tra David Borrelli (Portavoce del Movimento a Bruxelles e unico tra i MEPs 5 Stelle a sapere dell’accordo e a negoziarlo) ed il Presidente dell’ALDE, ex primo ministro belga, Guy Verhofstadt.
Il perché dell’accordo?
Se da un punto di vista politico l’alleanza, lo ripetiamo, appare quantomeno strana (l’ALDE è il gruppo più europeista e pro Euro del parlamento Europeoe anche quello più pro-establishment), da un punto di vista tecnico l’accordo non fa una grinza:
1) l’ALDE allargato ai 5 Stelle sarebbe diventato il terzo gruppo più numeroso del PE (68 Meps ALDE + 17 M5S), superando i Conservatori. Con un rafforzamento del proprio peso nei negoziati in corso per l’elezione del Presidente del Parlamento europeo. Con i suoi voti avrebbe infatti consentito a ciascuna delle due probabili coalizioni (Popolari+Conservatori contro Socialisti+Sinistra+Verdi) di raggiungere esattamente 376 voti, ovvero la maggioranza assoluta dell’Assemblea di Strasburgo. Di conseguenza, è del tutto probabile che un appoggio di ALDE e dei 5 Stelle al così neo-eletto Presidente del PE sarebbe stato ripagato in occasione delle elezioni dei Vicepresidenti del PE e, la settimana successiva, in sede di rinnovo delle cariche apicali delle commissioni parlamentari.
2) L’alleanza con ALDE avrebbe garantito ai 5 Stelle maggiori garanzie di accesso ai principali dossier in discussione nel 2017, con ruoli chiave, primo fra tutti quello relativo al Mercato Unico Digitale.
3) Dopo la Brexit il gruppo EFDD è entrato in una sorta di “crisi di vocazione”, dal momento che il Movimento di Farange il suo risultato politico l’ha ottenuto e che per questo alcune delegazioni stavano pensando di uscire dal gruppo mettendone a repentaglio l’esistenza stessa con i conseguenti finanziamenti (l’appartenenza ad un gruppo vale circa 700mila Euro).
Fin qui tutto abbastanza chiaro.
E, come si vede, il tutto determinato da un approccio molto pragmatico e assai poco ideologico.
Quello che poi accade nel pomeriggio di ieri risulta invece grottesco ed incomprensibile.
Grillo scrive un post per comunicare l’esito delle consultazioni e dichiara conclusa la convivenza con Farage.
Nelle ore che seguono, però, Verhofstadt viene messo sotto attacco dalle principali delegazioni presenti all’interno dell’ALDE, in modo particolare dalla Vicepresidente del gruppo, la francese Marielle de Sarnez, che parla di “alleanza empia” – secondo alcune agenzie avrebbe detto addirittura “diabolica” – e annuncia il voto contrario di tutti i parlamentari francesi e tedeschi (da regolamento, la modifica della composizione del gruppo deve essere approvata dai due terzi dei componenti).
Di lì a poco altre delegazioni si sfilano e si dichiarano pronte a lasciare il gruppo in caso di ingresso dei pentastellati.
Verhofstadt rinuncia quindi a mettere la scelta in votazione e dichiara: “Sono arrivato alla conclusione che non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune per procedere con la richiesta del Movimento 5 Stelle di unirsi al gruppo Alde. Tuttavia, nelle questioni di interesse condiviso, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme“.
Grillo reagisce scrivendo: “L’establishment ha deciso di fermare l’ingresso del MoVimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco. La delegazione del MoVimento 5 Stelle in Parlamento Europeo continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il DDM (Direct Democracy Movement).“
In sostanza, dalla vicenda di ieri ne escono tutti sconfitti: Grillo, Casaleggio, Borrelli e Verhofstadt. Quest’ultimo non è stato ancora asfaltato dai suoi rivali politici solo perché rimane indispensabile il suo appoggio per la vittoria finale nella corsa al Presidente del PE.
E’ evidente però che il tentativo, a mio avviso lodevole, del Movimento 5 Stelle di entrare di più nei meccanismi del potere decisionale di Bruxelles per contare ed incidere di più, è stato condotto con approssimazione. Senza tenere conto delle possibili reazioni non della tanto decantata “base” grillina (che ha votato in modo bulgaro a favore del cambiamento di gruppo) ma delle altre componenti politiche dell’ALDE. Che non hanno perdonato ai grillini anni di dichiarazioni di fuoco contro le Istituzioni Comunitarie, l’Euro, la tecnocrazia. ecc. ecc.
Proprio quelle dichiarazioni che, paradossalmente, hanno decretato il grande successo elettorale del Movimento…
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