Ieri mattina, nella nostra riunione settimanale, abbiamo giocato un pochino con i numeri delle primarie PD, facendo un confronto con quelle precedenti del 2013.
Ovviamente con la premessa che qualsiasi confronto è assolutamente arbitrario perché le due consultazioni si sono svolte in condizioni politiche completamente diverse.
Qualche annotazione:
1) il bacino degli iscritti si è ridotto. IL PD di oggi ha circa 90.000 iscritti in meno rispetto a quello del 2013. Alla pari di altri partiti il PD ha assistito, negli ultimi anni, ad una riduzione della propria base, anche se in modo altalenante.
2011: 607.000
2012: 500.000
2013: 539.000
2014: 378.000
2015: 395.000
2016: 405.000
2017: 450.000
Quindi è improprio parlare di urne e circoli vuoti, come fanno alcuni commentatori, ma è evidente che rispetto a sei anni fa gli iscritti sono complessivamente un terzo di meno.
2) Le primarie di questi giorni hanno visto una maggiore partecipazione al voto (+4%). Un dato comunque non banale di questi tempi. Le polemiche dovute alla scissione potevano allontanare i militanti. Così non è stato. O meglio, chi è rimasto si è sentito maggiormente motivato a recarsi nei circoli.
3) Renzi ha stravinto il primo round. Non dimentichiamoci infatti che, in questa tornata, votavano appunto solo gli iscritti che dovevano indicare chi dei candidati poteva accedere alle primarie “aperte” che si svolgeranno il 30 aprile (data tremenda perché nel pieno di uno dei pochi “ponti” di quest’anno). Il dato per Renzi è positivo. Perché doppia il secondo candidato, Andrea Orlando. Ma…
4)… Ma c’è un ma. Il terzo candidato, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, riesce a superare la soglia del 5% e quindi accedere al “secondo turno”. Questo potrebbe determinare un piccolo problema per Renzi. Lo Statuto del PD prevede infatti che nelle primarie si eleggono i componenti dell’Assemblea Nazionale del Partito che, a loro volt,a eleggono il Segretario. Se un candidato ottiene più del 50% dei voti, di fatto, il passaggio in Assemblea è del tutto formale. Se questo invece non dovesse accadere la scelta verrà fatta proprio dall’Assemblea che eleggerà il segretario scegliendolo tra i primi due candidati indicati dalle primarie.
Questo esito sarebbe un problema per Renzi.
Innanzi tutto perché il risultato del voto in Assemblea non è affatto scontato e quindi qualche sorpresa può sempre accadere.
Ma se anche vincesse questa partita non avrebbe molto da gioire. E’ evidente a tutti che un segretario eletto in assemblea non è la stessa cosa di un segretario scelto direttamente dai cittadini con le primarie. Renzi deve vincere il giorno delle primarie. Coerentemente con la sua storia politica personale.
Questa dunque la sua nuova sfida politica.
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