Domani dunque il Presidente della Repubblica Napolitano giurerà di fronte alle Camere.
Discorso atteso che ci permetterà di comprendere i suoi intendimenti per riavviare il motore imballato del nostro sistema politico istituzionale.
Martedì cominceranno, di nuovo, le consultazioni. Un paio di giorni e poi l’incarico per formare il nuovo governo.
Probabilmente “del Presidente” visto che di larghe intese una cospicua parte del PD non vuole proprio sentire parlare. Girano tanti nomi (i più ricorrenti quelli di Giuliano Amato ed Enrico Letta). Ma nessuno è in grado di fare delle previsioni precise.
È evidente comunque che, in questo momento e per qualche mese, il Presidente Napolitano ha un potere di pressione nei confronti di tutti i partiti che va al di là della c.d. “moral suasion”, da sempre attribuita al Capo dello Stato.
Gli è stato chiesto di accettare una rielezione che non voleva e che ha sempre tenacemente escluso. Per questo tutti i partiti “dovranno” accettare le sue indicazioni di percorso.
Un Governo dunque di “emergenza”: il programma in fondo è già abbozzato nelle relazioni dei due gruppi di “saggi” nominati dallo stesso Napolitano.
E probabilmente tra quelle stesse persone si potranno trovare anche alcuni Ministri.
Quanto durerà?
Per avviare le riforme serve almeno un anno. In questo caso le nuove elezioni potrebbero coincidere con le europee del 2014. Ma forse un anno non basterebbe se si volessero approvare anche le riforme costituzionali. Sarebbe una corsa contro il tempo.
Nel frattempo in casa PD continuano a volare gli “stracci”.
Marini oggi si è tolto un macigno dalla scarpa attaccando tutto il gruppo dirigente del partito, responsabile del fallimento della sua candidatura. La Bindi sulla stessa linea, ma arrivando a contestare il metodo delle primarie come selezione dei parlamentari PD, alcuni dei quali, a suo dire, sono completamente inadeguati al compito che sono chiamati a svolgere. Escludendo inoltre che Enrico Letta possa guidare un eventuale nuovo esecutivo.
L’ala sinistra del partito non smentisce voci di eventuali scissioni, mentre Vendola, consumato lo strappo su Napolitano, prevede in tempi brevi l’avvio della creazione di un nuovo (!?!) soggetto politico, sperando così di attrarre molti parlamentari del PD contrari alle larghe intese.
Ora comunque il PD è senza guida.
Dovrà decidere in pochissime ore come gestire le consultazioni al Quirinale e cosa proporre alle altre forze politiche. Ed avviare il percorso per un nuovo congresso che ridefinisca la sua leadership.
La non vittoria alle elezioni politiche ha prodotto una vera e propria “balcanizzazione” del democratici. Suddivisi non più solo in gruppi ma in vere e proprie fazioni i cui obiettivi non coincidono e le cui priorità sono definite da tattiche di corto respiro (i non voti su Marini e Prodi sono l’esempio eclatante).
Serve soprattutto una strategia. Perchè l’altalena degli ultimi due mesi (governo strizzando l’occhio ai grillini e Presidente della Repubblica condiviso con il PDL) ha portato il partito a smarrirsi.
Ce la faranno? Chissà.
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