Venerdì non è stata una giornata brillante per noi lobbisti.
Il Consiglio dei Ministri, che doveva esaminare ed approvare il disegno di legge governativo sulla regolamentazione della nostra attività, si è bloccato di fronte a posizioni diverse e, spesso, contrapposte.
I problemi sono i soliti e riguardano soprattutto l’approccio con cui la politica intende affrontare la lacuna normativa.
Un approccio datato, figlio di una cultura del secolo scorso, in cui i Partiti sono “sopra” gli altri corpi sociali intermedi e agli interessi organizzati.
Alcuni Ministri infatti hanno sottolineato che:
a) gli interessi non sono tutti uguali e quindi non tutti devono sottostare ai vincoli imposti dalla futura normativa;
b) non può essere previsto un principio di reciprocità tra gli obblighi per i lobbisti e quelli per i loro interlocutori istituzionali (funzionari PA, vertici politici, ecc.).
Insomma tutto il contrario di una normativa efficace ed equilibrata.
Con questi presupposti diventa difficile ipotizzare un testo moderno, che disciplini una delle attività che costituiscono la base di qualsiasi democrazia evoluta: il dialogo tra interessi e decisore pubblico.
Il Cdm si è preso comunque del tempo (qualche mese) per approfondire il tema e per fare una comparazione con quanto è previsto in altri Paesi.
Mesi persi dal momento che esistono già studi e ricerche sull’argomento, conosciuti dai tecnici che hanno lavorato per predisporre il testo base.
Il solito rinvio all’italiana, insomma.
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