Premessa doverosa: amo la Francia.
Per la sua storia (l’Illuminismo, la Bastiglia, la Rivoluzione, la Vandea, il Terrore, il Termidoro, Napoleone, ecc. ecc.), i valori fondanti della sua Repubblica, che è riuscita a trasformarsi, adeguandosi ai tempi, senza mai rinnegare se stessa.
Mezza famiglia è francese. La sua cucina mi affascina: la guida Michelin è la mia stella polare per orientarmi nelle scelte culinarie.
Quando andavo in montagna le Alpi Francesi erano la nostra meta “naturale”.
Le più belle vacanze fatte con la controparte sono state tutte in Francia: Carcassonne, i castelli dei Catari, la Provenza, la Bretagna, Mont Saint-Michel, la Normandia…
La suoneria del mio cellulare è La vie en rose di Edith Piaf.
E mi piace anche per la tanto vituperata grandeur, quel misto di orgoglio, indipendenza, spirito libero (che qualche volta sfocia in un velleitarismo autoreferenziale) che costituisce il filo rosso della politica francese sia a destra che a sinistra.
Tutto ciò premesso, negli ultimi 15 giorni la mia adorata Francia ci ha regalato:
1) il blocco della frontiera a Ventimiglia attuato con ipocrita abnegazione. Non sospendono il trattato di Schengen ma istituiscono meticolosi controlli per impedire ai migranti di passare.
Il risultato è questo:
2) A Calais la Gendarmerie viene messa sotto accusa per le reiterate violenze sui migranti che cercano, con ogni mezzo, di raggiungere l’Inghilterra. Uno spettacolo indecoroso.
3) Ieri a Parigi i tassisti hanno dato luogo ad una civile e democratica protesta contro Uber creando blocchi stradali, sfasciando macchine,ecc. ecc.
Quindi…
Il primo che, nei prossimi 3/5 anni, mi scassa i maroni con un qualsivoglia “modello francese” (sociale, elettorale, politico, esistenziale), rischia di fare la stessa fine di quelli che, fino qualche anno fa, mi citavano le magnifiche sorti progressive del c.d. “modello spagnolo”.
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