Le manifestazioni sono il sale della democrazia.
Perché esprimono idee, passioni e visioni di quello che vogliamo diventi il nostro Paese.
Quindi ho il massimo rispetto per tutte le manifestazioni (eccetto quelle violente) anche se non ne condivido posizioni e contenuti.
Sulla legge per le unioni civili, nel giro di una settimana, si sono confrontate (e scontrate) due Italie diverse.
Attivate da insiemi di gruppi d’interesse sociali contrapposti.
Quelli che rappresentano le istanze dei movimenti omosessuali (Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Mit, Movimento identità transessuale), con l’appoggio di altre importanti associazioni come Cgil, Uil, Amnesty, Arci e Legambiente.
E quelli del variegato mondo cattolico, che hanno risposto all’appello del comitato “Difendiamo i nostri figli” di Massimo Gandolfini, e che si sono raccolti sabato a Roma per il Family day.
I primi a sostegno della legge, i secondi per chiederne il ritiro.
Massimo rispetto per tutte le posizioni anche se la mia, del tutto personale quindi opinabilissima, è che la legge debba essere approvata il più rapidamente possibile senza modifiche. Se non quelle per renderla perfettamente corrispondente al dettato della nostra Costituzione.
Detto questo, qualcuno dovrebbe spiegare al partecipante al Family day che sventolava sotto il palco un cartello con la scritta “NO LOBBY” (nella foto cerchiato di rosso)….. che quel cartello non aveva alcun senso.
Perché attività di lobbying (processo realizzato da un soggetto rappresentativo di un interesse socialmente legittimato finalizzato ad influenzare gli orientamenti e le scelte del decisore pubblico e dei suoi influenti) la stanno mettendo in atto, da mesi, gli organizzatori di quella manifestazione.
E la stava facendo in quel momento proprio lui, con la sua presenza.
E con il suo cartello “NO LOBBY”…
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