Un compito non agevole, quello che si è accollato Stefano Parisi: riprogettare il campo del centro destra.
Ottenuto l’imprimatur da Silvio Berlusconi ha già fissato il primo incontro pubblico il 16 e 17 settembre.
Che sembrerebbe assumere i contorni organizzativi di una vera e propria convention all’americana.
A Milano, ovviamente. Perché tutto deve partire da lì.
Nella città simbolo della modernità italiana, per questo spesso anticipatrice di nuove proposte politiche.
A Milano muore la c.d. Prima Repubblica travolta dagli scandali di Tangentopoli; così come era di Milano il volto politico più rappresentativo (e innovativo) di quegli anni: Bettino Craxi.
A Milano nel 1993 viene eletto il primo sindaco leghista di una grande metropoli: Marco Formentini.
E, sempre da Milano, inizierà la discesa in campo di Silvio Berlusconi.
A Milano, appena qualche decina di giorni fa, Stefano Parisi ha conseguito un lusinghiero risultato alle elezioni comunali.
Segno che l’elettorato moderato ancora esiste. Cerca solo una proposta politica adeguata.
I contorni del mandato di Parisi non sono ancora del tutto chiari.
E’ certo che si muoverà al di fuori del perimetro di Forza Italia.
E già questo ha scatenato i malumori di una parte della classica dirigente forzista.
Preoccupati dal fatto che il futuro del partito sia gestito da un “esterno”.
Nelle sue dichiarazioni inoltre passa in secondo piano la parola “centro destra”.
Parisi si rivolge ai “moderati” cercando quindi di ampliare la base di possibile consenso, parla di costruzione di un programma “liberal popolare” alternativo a quello del PD renziano.
Ma una volta fissati i punti cardini di un programma (contenuto) si dovranno definire i partiti e le alleanze (contenitori) che lo sosterranno.
E soprattutto una modalità di selezione della nuova leadership definendo anche il ruolo di Silvio Berlusconi che, comunque, rimane un referente imprescindibile.
Parisi ha le capacità per gestire questo processo. Che comunque rimane difficile e pieno di incognite.
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