Come molti sanno, da qualche mese, negli Stati Uniti Facebook è al centro di una controversa vicenda politica che ha assunto anche i contorni di un vero e proprio thriller internazionale.
Secondo quanto emerso, tra giugno 2015 e maggio 2017, sono stati spesi sul social network, da organizzazioni riconducibili al governo russo, circa 100.000 dollari per promuovere 3mila post sponsorizzati con l’obiettivo di influenzare il dibattito pubblico in vista delle elezioni presidenziali del 2017.
La maggior parte delle inserzioni pubblicitarie non invitavano esplicitamente a votare per uno specifico candidato ma contenevano notizie o sollevavano alcuni temi molto divisivi nell’elettorato americano (es. i diritti degli omosessuali, l’immigrazione, la diffusione delle armi da fuoco) sui quali le posizioni di Hillary Clinton erano più deboli rispetto a quelle del suo avversario Donald Trump.
Nessuno è ancora in grado di sapere se ed in che modo questa attività abbia avuto un effetto sul voto finale.
Ma sono al lavoro tutte le principali agenzie di intelligence del Governo, il procuratore speciale Robert Mueller e, dal punto di vista politico, le commissioni di intelligence del Senato e del Congresso.
Proprio per fronteggiare le numerose critiche e, soprattutto evitare una regolamentazione federale che potrebbe essere molto “pesante”, Facebook sta cercando di rafforzare la propria capacità di influenza a Washington. Secondo il Wall Street Journal l’azienda ha investito quest’anno più di 8,4 milioni di dollari per rafforzare una squadra di lobbisti che ormai è composta da 36 persone. Un investimento di gran lunga superiore a qualsiasi anno precedente.
Ad affiancare il team di Facebook sono stati chiamati dei veri e propri pesi massimi della professione. In ottica bipartisan, come spesso accade nel contesto politico americano. Un vero e proprio “dream team” composto da:
Hamilton Place Strategies, società di comunicazione vicina ai repubblicani;
Quadrant Strategies, società di ricerche vicina ai democratici, che ha organizzato una serie di focus group per individuare messaggi più efficaci per il posizionamento dell’azienda;
Henry Sudafi, responsabile della società theGROUP, già Direttore degli affari legislativi dell’ex Vice Presidente democratico Joseph Biden.
Luke Albee, della Blue Mountain Strategies, ex responsabile dello staff del Senatore democratico Rober Warner, una delle voci più critiche nei confronti dell’azienda di Menlo Park.
David Wade, della Greenlight Strategies, ex collaboratore di John Kerry.
Anche le altre aziende del settore si stano attrezzando.
Ma la frenetica attività di Facebook dimostra che la partita al Congresso è appena iniziata.
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