Ieri, su Affari e Finanza (il dorso economico de La Repubblica), è stata pubblicata una mia intervista nell’ambito di un articolo di Marco Ruffolo dedicato al lobbying.
Per gli interessati il testo è qui.
Ovviamente ringrazio per la cortesia e l’attenzione.
Cerco di spiegare meglio il mio pensiero, sollecitato anche dal Professor Pierluigi Petrillo che mi ha bonariamente rimproverato di aver criticato la ricerca da lui condotta, ampiamente citata nell’articolo.
Il primo punto riguarda il dato che solo il 23% dell’attività di lobbying si svolge alla luce del sole. Mentre il restante 77% viene svolto da soggetti che non si qualificano come lobbisti, ma anzi cercano di dissimulare il proprio comportamento.
Ritengo (e confermo) che questo atteggiamento (non il dato in se) sia una colossale fesseria.
Perché rafforza il pregiudizio negativo nei confronti di una professione che, per assumere dignità, deve essere condotta in modo trasparente ed evidente.
Così come è un falso problema (secondo punto): la questione dell’accesso ai Palazzi.
Ci avviciniamo alla discussione della legge di stabilità e già prefiguriamo quello che accadrà nelle prossime cronache parlamentari.
Decine di lobbisti che premono sul decisore, stazionando davanti alle porte delle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati e del Senato dela Repubblica.
Con l’immancabile “urlo di dolore” di qualche parlamentare che chiederà alle Presidenze delle rispettive Assemblee interventi draconiani per “cacciare i mercati dal Tempio”.
In 25 anni di attività qualche legge di stabilità abbiamo avuto modo di seguirla…Mai abbiamo dovuto stazionare davanti alle porte delle Commissioni.
Ci si muove prima, in modo trasparente, prospettando con dati e documenti le istanze degli interessi che si rappresentano.
Lo facciamo noi ma lo fanno anche gran parte dei nostri competitor. Insomma lo fanno quasi tutti i lobbisti professionisti.
Che poi qualche collega decida di comportarsi diversamente è affar suo.
Concludo riportando il pensiero di Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, citato nello stesso articolo.
Quando ci sono passaggi delicati non voglio la presenza di soggetti dietro la porta della commissione. Quando il contatto c’è, avviene in chiaro. Vede, non dobbiamo demonizzare i lobbisti, anche perché in molti casi i loro contributi sono utili soprattutto sul piano tecnico. L’importante è poi decidere con la nostra testa e rendere esplicita la motivazione della scelta.
Sottoscrivo tutto, ovviamente.
Ultima considerazione.
Nell’articolo vengono citati come esempi di lobbying solo gli interessi organizzati che resistono al cambiamento. Quelli che “frenano”, che impediscono l’apertura di nuovi mercati, quelli che impediscono ai cittadini italiani di usufruire di servizi alle stesse condizioni di quelli europei.
Non è così, dal momento che esistono lobbies (meglio interessi organizzati) anche a sostegno dei provvedimenti che aprono alla concorrenza in molti settori “chiusi”, garantiti da anni di legislazione coorporativa.
Ma queste non fanno notizia.
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